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Tenda
La tenda è senza dubbio il riparo più diffuso tra gli escursionisti ed è anche quello che possiede la maggiore variabilità in termini di struttura, peso, abitabilità e costo.
Caratteristica comune a tutte le tende è quella di fornire una protezione a 360°:
- ripara dalle precipitazioni e dal vento;
- ripara dal contatto diretto con il terreno;
- ripara da insetti e altri piccoli animali potenzialmente nocivi.
Una tipica tenda è costituita da uno o più sostegni atti a conferire una struttura tridimensionale al riparo, da un telo impermeabile superiore che protegge l’interno della tenda dalle precipitazioni (flysheet o sovratelo), da un telo impermeabile inferiore (groundsheet o catino) che protegge l’interno della tenda dal contatto con il terreno, e da una zanzariera che ha la funzione di impedire l’accesso agli insetti nella camera interna mantenendo allo stesso tempo una certa ventilazione. Sono inoltre presenti una o più “porte” che consentono di accedere all’interno della tenda, asole esterne per picchettare la tenda al suolo, prese d’aria per favorire l’areazione interna e tiranti per aumentare la resistenza alle raffiche di vento o ai carichi nevosi.
Il vestibolo è la parte della tenda esterna alla camera interna ma “coperta” o delimitata dal sovratelo impermeabile. Solitamente si accede all’interno della tenda passando attraverso il vestibolo. Il vestibolo viene utilizzato sia per riporre parte dell’equipaggiamento (zaino, calzature), sia per cucinare in caso di maltempo.
Spesso viene erroneamente utilizzato il termine “abside” come sinonimo di vestibolo. L’abside è in realtà la porzione di tenda opposta all’entrata, solitamente di forma semicircolare e tipica della maggior parte delle tende a tunnel nonché di alcune geodetiche e canadesi.
Tipologie strutturali
Possiamo distinguere diverse tipologie di tende sulla base della loro struttura.
La conformazione tridimensionale della tenda è conferita da uno o più di questi elementi, spesso una loro combinazione:
- paleria (o bastoncini da trekking nelle trekking-pole tents)
- picchetti (permettono di ancorare la tenda al suolo)
- tiranti (cordini che, una volta legati alla tenda, possono essere picchettati al suolo conferendo una maggiore resistenza al vento)
Una tenda viene definita autoportante quando per mantenere la propria conformazione tridimensionale non ha la necessità di essere picchettata al suolo. Molte tende sono definite autoportanti anche se l’autoportanza è relativa alla sola camera interna, senza considerare che il sovratelo in corrispondenza dei vestiboli necessita comunque di essere picchettato. Se il picchettamento in corrispondenza dei vestiboli è necessario per la stabilità strutturale della tenda (lo è pressoché sempre), sarebbe più corretta la definizione “semi-autoportante”.
Per ogni tipologia di tenda indicheremo i punti di forza e quelli di debolezza. Si tratta ovviamente di indicazioni basate sulla media delle tende in commercio e potrebbero esserci specifici modelli con prestazioni migliori o peggiori.
Molte tende possono avere caratteristiche tali da essere collocate a mezza via tra due o più tipologie.
Tende a cupola
Le tende a cupola, definite anche “dome” o “igloo”, sono costituite da una base solitamente rettangolare (ma comuni sono anche i modelli con piante esagonali) e una paleria costituita da due archi che, partendo dai vertici della base, si incrociano al vertice superiore della tenda.
Il loro maggiore pregio è dato dalla semplicità di installazione ma solitamente sono penalizzate dal punto di vista del peso, gravato dalla presenza degli elementi di paleria. Nella maggior parte dei casi lo spazio vivibile è buono o molto buono, con una discreta verticalità della camera interna ai margini, traducibile con un maggior spazio per la testa e i piedi, e quindi una maggior abitabilità in lunghezza.
La maggior parte dei modelli presenta una o due entrate, con un vestibolo solitamente piuttosto ridotto se non addirittura assente.
È interessante notare come le tende a cupola oggigiorno siano state relegate o all’uso del campeggiatore occasionale, con un prezzo molto basso al pari della qualità, o all’ambito alpinistico, con prodotti davvero interessanti ad un prezzo elevato.
Nell’ambito alpinistico le tende a cupola hanno trovato il loro utilizzo ideale, grazie a un ingombro minimo da montate, peso relativamente limitato considerando la solidità strutturale, e la caratteristica di essere autoportanti, essenziale in ambienti in cui picchettare può risultare impossibile. Black Diamond (Eldorado, HiLight, FirstLight) e MSR (Advance Pro 2) producono oggigiorno le più interessanti tende a cupola per uso alpinistico, ma troviamo anche altri brand come Lightwave (S10 Sigma), Hilleberg (Unna e Niak), Ferrino (Solo) e altri ancora che hanno ripreso la struttura a cupola per produrre interessanti tende 4-stagioni.
Tende geodetiche e semi-geodetiche
Si tratta dell’evoluzione delle tende a cupola. La paleria diviene più complessa, spesso costituita da più pezzi e con innesti a Y. La struttura della tenda mantiene l’aspetto generale a cupola ma la resistenza al vento, la vivibilità della camera interna e le dimensioni del vestibolo risultano nettamente migliorate.
Il peso, a parità di materiali usati, è solitamente maggiore rispetto ai classici modelli a cupola, come anche il costo, riflettendo la maggiore complessità strutturale. Spesso queste tende sono autoportanti o semi-autoportanti, risultando adatte a terreni in cui è difficile il picchettamento.
Praticamente ogni azienda produttrice di tende ha nel suo listino uno o più modelli di tende geodetiche o semi-geodetiche.
Possiamo tranquillamente dire che attualmente questa è la tipologia leader del mercato.
Sebbene nell’immaginario collettivo il thru-hiker medio utilizzi come riparo un tarp o una trekking-pole tents, da diversi sondaggi effettuati lungo il Pacific Crest Trail (uno dei 3 più famosi itinerari a lunga percorrenza degli Stati Uniti d’America) è risultato che le tende più popolari tra i thru-hikers impegnati in questo percorso sono le geodetiche. In particolare spiccano la MSR Hubba NX, la Nemo Hornet 2P e le Big Agnes Copper Spur HV UL1 e Fly Creek HV UL1. Tutte queste tende, di produzione statunitense, hanno un peso inferiore al chilogrammo, con l’unica eccezione della MSR che supera l’asticella di 100 grammi. Sono tende comode, semplici da montare e, come abbiamo visto, incredibilmente leggere.
Il prezzo è alto per questi modelli, ma non proibitivo, dai 330 ai 380 dollari statunitensi.
Il mercato europeo, sebbene ricco di modelli, non sembra al momento raggiungere gli standard qualitativi (in particolar modo la leggerezza) americani. Guardando ai produttori italiani troviamo ottime tende geodetiche prodotte da Ferrino, Salewa e Camp, che però al momento non ci sembrano ancora competitive dal punto di vista della leggerezza e dell’ingombro.
Il mercato asiatico, di sicuro interesse per il suo elevato rapporto qualità/prezzo, produce interessanti modelli geodetici con disegni originali (NatureHike Vik1 e Tagar) o con “copie” di modelli statunitensi (NatureHike Cloud UP, 3F UL Gear Zheng Tu e Floating Cloud).
Tende canadesi
Queste tende, note anche come “A-frame” o “Ridge”, sono la tenda classica per definizione, quella che viene spesso disegnata per indicare una generica tenda. È costituita da due sostegni verticali (talvolta connessi da un palo orizzontale), una camera interna posta tra i due sostegni e un telo impermeabile che corre da un sostegno all’altro. Vista da un lato la tenda canadese ha la forma di un triangolo e gli accessi alla camera interna sono solitamente posti proprio in corrispondenza di queste facciate. Questo fa sì che l’accesso risulti spesso scomodo, in quanto si deve passare attorno alla paleria di sostegno. A seconda dei modelli i vestiboli possono essere ampi o addirittura inesistenti.
Le tende canadesi devono necessariamente essere picchettate al suolo, spesso utilizzando anche dei tiranti. Se ben ancorate sono tra le tende più resistenti alle intemperie e riducono sensibilmente il rischio che si formino accumuli di neve o di pozze d’acqua sulla superficie. Lo spazio interno risulta spesso meno vivibile rispetto alle geodetiche a causa della minore verticalità delle pareti.
Dopo un periodo di grande diffusione e uno di oblio, attualmente le tende canadesi sono tornate alla ribalta grazie alle trekking-pole tents.
Nelle trekking-pole tents la paleria viene sostituita da bastoncini da trekking regolabili in altezza. Questa strategia consente un significativo risparmio di peso per l’escursionista che usi regolarmente i bastoncini da trekking.
Leader nel mercato di questa tipologia di tende sono ancora gli statunitensi grazie a numerose cottage gear companies (piccole aziende a conduzione familiare) spesso create da thru-hikers. Tra le più famose troviamo la Zpacks Duplex, la Gossamer Gear The Two e la Tarptent Notch, solo per nominarne alcune.
Il mercato europeo ha appena iniziato a svilupparsi sulla falsa riga di quello statunitense, con brand come Bonfus e DD Hammocks.
Tende piramidali
Le tende piramidali, conosciute anche come “tepee” (dal nome della tipica tenda degli Indiani d’America), sono una tipologia di tenda che, sebbene non fosse mai del tutto tramontata, con l’avvento delle trekking-pole tents, è tornata prepotentemente alla ribalta.
Sono costituite da un unico sostegno centrale e da una base poligonale (esagonale o rettangolare le più comuni). Sono tende ottime dal punto di vista della resistenza alle intemperie (se ben ancorate al suolo), ma tra le peggiori per quanto riguarda la vivibilità e il rapporto “spazio utilizzabile” su peso.
Diversi modelli sono compatibili con l’installazione di una stufa a legna da tenere all’interno (hot-tent), una soluzione comunque poco adatta al thru-hiker. Anche in questo ambito i produttori leader sono statunitensi: Hyperlite Mountain Gear con la serie Ultamid, Six Moon Designs, Zpacks, Seek Outside, e molti altri. In Europa troviamo tende piramidali prodotte dall’interessante nuova realtà Skalmo Gear affianco a quelle prodotte da brand storici come DD Hammocks e Luxe Outdoor.
Tende a tunnel
Le tende a tunnel sono un evergreen, molto amate per la loro imbattibile stabilità e resistenza al vento. Sono delle tende lunghe e basse, che presentano una paleria costituita da uno o più archi paralleli, spesso di differente lunghezza.
Vi è solitamente un unico ingresso alla camera interna e un unico vestibolo che, in diversi modelli, è incredibilmente ampio.
Le tende a tunnel non sono autoportanti e richiedono un accurato picchettamento al suolo al fine di ottenere la loro proverbiale stabilità. Le versioni ultraleggere di questa tipologia, a causa della loro conformazione, risultano spesso avere una scarsa abitabilità, sia per la limitata altezza che per la limitata verticalità dei lati corti.
Il peso e il costo sono estremamente variabili.
Tra le migliori tende a tunnel troviamo quelle di aziende europee nordiche come Hilleberg, Nordisk, Vaude, Robens, e altre ancora.
3 o 4-stagioni?
Una scelta importante, che spesso mette in crisi l’aspirante thru-hiker è la voce 3 o 4-stagioni. Guardando le specifiche di una tenda che presenti sia l’opzione 3-stagioni che quella 4-stagioni salta subito all’occhio che la 4 stagioni è più pesante e costosa.
Ma perchè?
Cerchiamo innanzitutto di fare chiarezza su che cosa sia una tenda 4-stagioni.
Per essere definita 4-stagioni la tenda deve essere in grado di performare ottimamente anche durante la stagione invernale. Questo vuol dire:
- impedire l’accesso di vento nella camera interna;
- migliore isolamento termico;
- maggiore resistenza della struttura al vento;
- capacità di sostenere accumuli di neve (o ridurne la formazione);
A questi punti essenziali potremmo aggiungere la caratteristica opzionale di essere autoportante (per facilitare il setup su terreni innevati).
Molti modelli di tende hanno la possibilità di montare una camera interna 3-stagioni o un equivalente 4-stagioni. La differenza risiede unicamente nel tessuto che costituisce le pareti della camera interna: zanzariera nella 3-stagioni, nylon o poliestere a maglie fitte nella 4-stagioni.
Una camera interna in zanzariera è sicuramente più traspirante, fa passare una maggior quantità di aria e quindi risulta meno isolante. Una camera interna in tessuto a maglie fitte avrà anche una certa capacità di schermare il vento, migliorando il comfort termico.
Ma una tenda con una camera 4-stagioni è una tenda 4-stagioni? No.
Una tenda che non sia stata espressamente pensata per l’uso invernale può andare incontro a diverse problematiche che la sola presenza di una camera interna 4-stagioni non può risolvere. La paleria può non essere sufficientemente robusta come anche la lunghezza sul terreno del flysheet potrebbe non essere sufficiente ad evitare il passaggio di vento con conseguente rischio di accumuli di neve nella tenda.
Una vera tenda 4-stagioni avrà quindi le “gonne” (un lembo di tessuto aggiuntivo alle estremità del sovratelo che può essere “bloccato” accumulandovi sopra della neve) se si tratta di una tenda doppio telo o sarà un unico blocco strutturale nel caso delle monotelo.
Sebbene sia vero che una tenda 4-stagioni può essere utilizzata tutto l’anno, è anche vero che il suo utilizzo d’estate o in luoghi caldi possa risultare proibitivo, oltre a non giustificare l’eccesso di peso da trasportare nello zaino.
Un appassionato di escursionismo avrà nella sua dotazione una tenda per l’uso estivo e una per l’uso invernale, sovrapponibili come impiego nelle stagioni primaverile e autunnale.
Normalmente nel thru-hiking si tende ad utilizzare tende 3-stagioni al fine di limitare il peso ma, se il percorso si svolge in condizioni ambientali assimilabili a quelle invernali, è necessario o perlomeno consigliato utilizzare un riparo adeguato. Ma si può usare una tenda 3-stagioni d’inverno? Ovviamente sì, a patto di saper sopperire alle carenze della tenda stessa. Una trekking pole tent 3-stagioni ad esempio richiederà un setup più complesso in ambiente nevoso rispetto ad un’autoportante alpinistica, necessiterà la creazione di muretti di neve frangivento per limitare il passaggio di corrente al di sotto del flysheet e l’utilizzo di un sistema notte più isolante o in grado di schermare maggiormente il vento.
Monotelo o Doppio-telo?
Una frase che si sente spesso nel mondo dell’escursionismo è che “su una tenda monotelo si forma la condensa, su una a doppio-telo no”. Prima di smontare completamente questa credenza cerchiamo di capire in cosa differiscono queste due tipologie di tenda.
Le tende monotelo hanno buona parte, se non l’intera superficie della camera interna separata dal mondo esterno da un singolo telo impermeabile. Qualche volta un lato della camera interna, spesso quello in cui è presente l’ingresso, è costituito da zanzariera, protetta da un vestibolo costituito dallo stesso telo impermeabile. In questo caso si tende a parlare di tenda monotelo-ibrida.
Nelle tende doppio-telo abbiamo invece una camera interna costituita da un catino impermeabile e da pareti laterali e superiori in tessuto traspirante e/o mesh (zanzariera). Il sovratelo impermeabile, che andrà a coprire l’intera superficie della camere interna, non è connesso da cuciture alla camera interna e forma un’entità indipendente.
La condensa
La condensa è acqua che, da uno stato iniziale gassoso (vapore), ha raggiunto il grado di saturazione ed è passata allo stato liquido.
Non esiste una temperatura di riferimento in cui questo fenomeno ha luogo. La temperatura di rugiada (ovvero di condensazione della miscela aria-vapore acqueo) dipende da molteplici fattori, i più importanti dei quali sono l’umidità dell’aria, la temperatura dell’aria e la pressione atmosferica.
Senza scendere in particolari complessi, nell’ambito del campeggio succedono due situazioni:
- l’umidità dell’aria è talmente elevata che il punto di rugiada risulta equivalente alla temperatura dell’aria. Qualsiasi superficie interna o esterna alla tenda risulterà bagnata dalla condensa;
- la temperatura all’interno della tenda è maggiore rispetto a quella all’esterno. Il vapore che arriva in contatto con il telo esterno della tenda (raffreddato a causa dell’esposizione all’aria dell’ambiente esterno) raggiunge il punto di rugiada e condensa. Solitamente la sola superficie interna del sovratelo risulta bagnata.
L’umidità dell’aria è il parametro dell’equazione su cui, seppur sempre marginalmente, abbiamo la possibilità di lavorare per minimizzare la formazione di condensa.
Accamparsi nei pressi di fonti d’acqua come laghi e fiumi o in zone umide come torbiere e acquitrini è garanzia di un’elevata umidità nell’aria.
Tenere all’interno della tenda vestiti ed equipaggiamento bagnato, come anche cucinare nel vestibolo, è garanzia di formazione di condensa.
Un sistema per limitare la formazione di condensa (se l’umidità dell’aria nella zona non è troppo elevata) è quello di favorire il ricircolo d’aria all’interno della tenda. Lasciare i vestiboli aperti durante notti serene è una prassi utile, come anche quella di montare la tenda in luoghi leggermente esposti al vento (attenzione che una debole brezza di vento è molto utile, forti raffiche invece possono essere molto deleterie!).
Una cosa che molti ignorano è che noi stessi contribuiamo in maniera sostenuta ad aumentare la percentuale di vapore acqueo nell’aria: è stato stimato che un uomo adulto in media traspira circa un litro d’acqua durante una notte di sonno. Questo vuol dire che l’apporto di vapore emesso durante la respirazione e la traspirazione cutanea può equivalere al versare una bottiglia d’acqua all’interno della tenda!
Se ora ti è più chiaro il meccanismo di formazione della condensa, capirai perché non può essere del tutto vera l’affermazione con cui abbiamo aperto questo paragrafo.
Nelle tende doppio-telo la condensa non si formerà nella camera interna, ma sulla superficie interna del sovratelo. Il vantaggio iniziale di non rischiare di bagnarsi toccando accidentalmente la superficie umida, come talvolta succede nelle tende monotelo, viene meno nel momento in cui si deve riporre la tenda: se non si provvede ad asciugare il sovratelo l’intera camera interna si bagnerà e, al successivo uso della tenda, troverete l’intera camera interna zuppa!
Bisogna però dire che alcuni modelli di tenda doppio-telo sono progettati affinché il ricircolo d’aria sia particolarmente efficiente a livello dello spazio di separazione tra il sovratelo e la camera interna. Questo fa sì che in molti casi l’umidità relativa e la temperatura in questo spazio d’aria risulti intermedia tra quella della camera interna e quella dell’ambiente esterno, riducendo il rischio di raggiungere il punto di rugiada.
Per spezzare un’ulteriore lancia a favore dei detrattori delle monotelo, molte di queste tende, specialmente quelle con qualche anno sulle spalle, sono costituite da un’unica camera senza adeguate prese d’aria. Questo, unito alle dimensioni ridotte, comporta spesso un’elevata formazione di condensa che può arrivare ad accumularsi sul catino della tenda.
Le monotelo di più recente concezione presentano spesso delle fasce in mesh lungo tutto il perimetro del catino, migliorando nettamente la ventilazione interna.
Solitamente con queste tende è sufficiente passare un panno in microfibra sulle superfici interne e la tenda è pronta per essere riposta nella sua sacca.
In generale l’escursionista esperto impara che la condensa è un fattore con cui bisogna imparare a convivere!
Sistema di montaggio
Il sistema di montaggio è l’insieme di operazioni che portano al setup definitivo della tenda che ne consenta l’utilizzo da parte dell’escursionista.
Possiamo distinguere tre tipologie principali di sistemi di montaggio:
- prima la camera interna
- prima il sovratelo
- tutto insieme
Le monotelo sono ovviamente della terza categoria, non avendo una distinzione fisica tra la camera interna e il sovratelo.
La maggior parte delle doppio-telo rientra nella prima categoria, ovvero si innesta la camera interna sulla paleria, per poi coprire il tutto con il sovratelo, che viene spesso picchettato al suolo.
Questo sistema presenta sostanzialmente due grandi svantaggi: la procedura è solitamente lenta e, se effettuata in presenza di pioggia, si tradurrà in una camera interna bagnata.
Recentemente diversi produttori hanno sviluppato strategie per ottenere tende doppio-telo che possano essere montate “prima il sovratelo” o “tutto insieme”; si tratta di soluzioni spesso davvero brillanti e che dovrebbero costituire un punto a favore davvero importante nella scelta di una tenda.
La tenda perfetta per il thru-hiking
Esiste una tenda perfetta per il thru-hiking? Ovviamente la risposta è no, non perché non sia stata ancora creata, ma perché percorsi diversi richiedono tende con caratteristiche differenti. Il thru-hiker che non sia particolarmente danaroso deve puntare su di una tenda che, con qualche compromesso, possa comportarsi degnamente nella maggior parte delle situazioni.
Per aiutarvi nella scelta della vostra tenda proviamo a identificare le caratteristiche più utili da tenere a mente:
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- Peso e ingombro limitati
oggigiorno una tenda monoposto che pesi più di 1 kg può essere ragionevolmente definita pesante. Allo stesso modo una tenda biposto non dovrebbe pesare più di 1,5 kg. L’ingombro di una tenda è spesso dato dalla paleria e dai picchetti (entrambi possono essere riposti separatamente dai teli). Una tenda viene considerata di dimensioni contenute se da richiusa nella sacca la sua lunghezza non supera i 35 cm e il diametro non supera i 15 cm.
- Peso e ingombro limitati
- Elevata idrorepellenza del telo esterno e del catino
Un valore di pressione idrostatica superiore ai 2000 mm è solitamente sufficiente per prevenire l’ingresso di acqua all’interno della camera interna. Sopra i 5000 mm possiamo avere la sicurezza che la nostra tenda sarà in grado di resistere anche alle peggiori precipitazioni.
- Tessuto resistente alle abrasioni e agli UV
La riduzione del peso ha comportato una generale riduzione nella resistenza dei materiali impiegati. Alcuni materiali particolarmente resistenti alle abrasioni per il loro peso risultano però sensibili all’esposizione ai raggi ultravioletti.
È importante scegliere un tessuto che rappresenti un buon compromesso.
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- Resistenza al vento
La struttura della tenda deve essere in grado di resistere a folate di vento anche violente. Questa resistenza dovrebbe essere uniforme e non specifica di una singola facciata.
- Resistenza al vento
- Vestibolo ampio
Avere a disposizione un ampio vestibolo facilita di molto la vita all thru-hiker nel proprio campo: c’è la possibilità di proteggere l’equipaggiamento dalle precipitazioni avendolo a portata di mano ma senza sporcare la camera interna della tenda, ed è possibile cucinare un pasto anche in condizioni metereologiche avverse.
- Camera interna spaziosa
Una camera interna spaziosa rende più confortevole il sonno e la permanenza per più ore (talvolta giorni) in caso di meteo particolarmente avverso. Una camera interna spaziosa eviterà di entrare in contatto con la superficie interna del telo esterno, riducendo così uno dei maggiori fastidi provocati dalla formazione di condensa.
- Semplicità di montaggio
La tenda non è solo il luogo entro cui dormire, è soprattutto il riparo in cui proteggersi da precipitazioni violente. In certi luoghi e in specifiche situazioni è di vitale importanza saper, e poter, montare la propria tenda in poco tempo, anche in presenza di vento molto forte. Un setup semplice, veloce e intuitivo è sicuramente un pregio che solo poche tende possono esibire!
- Montaggio con prima il sovratelo o tutto insieme
Poter montare la tenda proteggendo dall’acqua la camera interna è una caratteristica che, sebbene non essenziale, risulta molto utile al thru-hiker, regalandogli quel minimo di confort che corrisponde al dormire in un luogo asciutto.
- Possibilità di essere montata in assenza di paleria
Un thru-hike comporta imprevisti impensabili al campeggiatore occasionale e la rottura della paleria o del bastoncino da trekking non è tra quelli più rari. La possibilità di poter montare la tenda sfruttando dei tiranti (magari legati a degli alberi) o di sostituire la paleria con dei rami è sicuramente una caratteristica che può salvare un thru-hike da una precoce interruzione.
- Limitato numero di picchetti richiesti per il setup
Pochi picchetti vuol dire meno peso trasportato e, spesso, va di pari passo con un setup facile e veloce.
- Ridotta superficie di terreno richiesta per il setup
Non è sempre facile trovare luoghi adatti per montare la propria tenda e talvolta gli unici siti papabili risultano molto angusti. Una tenda che richieda un’elevata superficie di terreno pianeggiante per il setup è chiaramente limitante in molti itinerari.
- Autoportanza
Una tenda autoportante semplificherà enormemente il setup su di una vasta gamma di terreni difficili, da quelli molto morbidi come sabbia e neve, a quelli rocciosi in cui è impossibile picchettare.
- Telo esterno che possa arrivare a contatto con il terreno
Un ricircolo d’aria all’interno della tenda è importante ma in determinate condizioni è più rilevante limitare l’accesso nella camera interna al vento, specialmente se carico di neve. Una tenda che possa essere regolata in altezza, perlomeno a livello del margine esterno del sovratelo, sarà una tenda utilizzabile in un range più elevato di ambienti e situazioni.
- Prezzo non proibitivo
Questo è un punto piuttosto soggettivo. Chi non ha problemi di denaro può non ritenere il prezzo una caratteristica da valutare ma, è bene ricordarlo, una tenda impiegata nel thru-hiking raramente ha una lunga vita, specialmente se si tratta di un modello ultraleggero!
Ripari
Gli anglofoni usano il termine generico “shelter” (riparo) per indicare tutte le tipologie di equipaggiamento atte ad ospitare e proteggere dalle intemperie una o più persone.
Oltre alla tenda, di cui abbiamo ampiamente discusso in questo articolo, le altre due principali tipologie di riparo sono il tarp e il sacco da bivacco. L’amaca di per sé non è un riparo vero e proprio e ne parliamo approfonditamente in quest’altro articolo.
Tarp
Il tarp (diminutivo di “tarpaulin”) è il simbolo dell’avventuriero e, nell’immaginario di molti, è il riparo del thru-hiker.
Sostanzialmente il tarp è un semplice telo, impermeabile e flessibile.
Come si può facilmente intuire il tarp ha la stessa funzione del sovratelo della tenda, ovvero proteggere l’escursionista dalle precipitazioni quando non è in cammino.
Un tarp non presenta infatti alcun catino per isolarsi dal terreno e nessuna zanzariera a protezione dagli insetti.
È un riparo estremamente semplice e spartano, che fa della leggerezza e della versatilità i suoi maggiori pregi.
Tipologie
Possiamo identificare 3 principali tipologie di tarp sulla base della loro forma:
- rettangolare
- quadrato
- preformato
Tarp rettangolare
I tarp rettangolari sono i più utilizzati dai thru-hiker statunitensi, principalmente per il peso e l’ingombro estremamente ridotti.
Possono essere conformati in un numero molto limitato di setup, dei quali i principali sono l’”A-frame” e il “lean-to”. [immagini]
Entrambi i sistemi danno una discreta protezione in caso di pioggia ma, in presenza di forte vento possono risultare quasi inutili.
Esistono alcune varianti di questi tarp che, modificando leggermente la pianta rettangolare, riescono a fornire una migliore resistenza al vento, senza però mai raggiungere il livello di protezione fornita da altre tipologie strutturali.
Tarp quadrato
Il tarp quadrato è sicuramente quello più versatile e, sebbene generalmente più pesante di quello rettangolare, può essere usato efficientemente in un numero estremamente elevato di condizioni ambientali.
Un tarp quadrato, se sufficientemente grande, può essere utilizzato come uno rettangolare o può essere ripiegato in differenti modi per ottenere un ampio numero di strutture piramidali (è necessario l’utilizzo di un supporto rigido come un bastoncino da trekking o la possibilità di legare il vertice ad un supporto verticale posto più in alto, come un ramo).
Alcune di queste strutture piramidali conferiscono un’eccezionale protezione dal vento, altre permettono invece una migliore aerazione o un maggior spazio vivibile al di sotto del telo.
Di seguito riporteremo alcune delle configurazioni più semplici ed efficaci.
Il tarp quadrato dovrebbe avere il lato di almeno 2.5 metri.
[immagini e schemi di setup]
Tarp preformato
Il tarp preformato è sostanzialmente il sovratelo di una tenda. Vi è un unico modo per effettuare il setup, che differirà a seconda della struttura del tarp. Solitamente i tarp preformati sono di tipo piramidale o canadese.
Il loro grande vantaggio risiede nella velocità e semplicità di setup, mentre il peso è solitamente comparabile con quello dei tarp quadrati.
Diversi tarp preformati si adattano bene anche ad un uso invernale in quanto sono in grado di offrire una protezione a tutto tondo per quanto riguarda il vento e le precipitazioni.
Perché scegliere un tarp?
Il tarp è una scelta particolarmente indicata quando si ricerca velocità e leggerezza: occupa poco spazio nello zaino e il suo peso è molto limitato. Anche dal punto di vista del prezzo il tarp è una scelta ideale per chi non ha grandi possibilità di acquisto.
I limiti di un tarp sono però molti: non è in grado di schermare l’utilizzatore dagli insetti e deve essere accoppiato con un altro telo impermeabile da usare come “catino” sul quale dormire. L’uso di un tarp richiede inoltre una certa dose di pratica e di manualità: in condizioni di forte vento in un luogo esposto può risultare davvero difficile effettuarne il setup.
Con l’avvento delle tende ultraleggere il tarp è stato per lo più relegato ad un uso quasi folkloristico: molto in voga tra i bushcrafter, a cui permette un contatto con la natura maggiore rispetto alla tenda, è ormai utilizzato solo da una piccola percentuale di thru-hiker, che lo ritengono troppo scomodo per un uso su lunghi periodi di tempo.
Se adoperato da un utilizzatore esperto il tarp è invece il riparo più versatile sul mercato: può essere conformato in un numero estremamente alto di diversi setup, adattandosi così alle più disparate condizioni meteo, una caratteristica davvero importante lungo un thru-hike in cui si susseguono ambienti e condizioni climatiche assai differenti.
Sacco da bivacco
Il sacco da bivacco è sostanzialmente un sacco impermeabile all’interno del quale ci si infila, con o senza sacco a pelo, per schermarsi dal vento e dalle intemperie.
Si tratta di un sistema inizialmente sviluppato nell’ambito alpinistico: per l’alpinista costretto a passare la notte in quota o sorpreso da una tempesta, il sacco da bivacco rappresentava un riparo d’emergenza veloce da utilizzare, leggero e che non richiedeva materiali supplementari per l’utilizzo (come picchetti, cordini, etc).
Tipologie
Oggigiorno troviamo diverse tipologie di sacco da bivacco, ma in generale si tratta di un riparo utilizzato da una minoranza degli escursionisti.
Sacco da bivacco alpinistico
Il sacco da bivacco alpinistico ha la caratteristica “forma a sarcofago” in grado di includere un sacco a pelo, e spesso un materassino, chiudendosi completamente o fino a lasciare una minima apertura utile alla respirazione. Sono normalmente costituiti in materiale resistente, impermeabile e traspirante, come il Gore-Tex o l’eVent. Spesso possiedono dei loop all’altezza del cupolino e della foot-box che permettono di assicurarli al terreno o ad una parete (una caratteristica assai utile in prossimità di pendii o su terrazzi di roccia).
Il peso è solitamente inferiore al chilogrammo e può raggiungere pesi record come nel caso dell’MSR E-Bivy: soli 174 grammi.
Alcuni modelli presentano una finestra più o meno vasta in zanzariera a livello del viso, per permettere una migliore ventilazione e una minore sensazione di claustrofobia in presenza di condizioni climatiche non avverse.
Il principale problema di questi sacchi risiede proprio nel senso di claustrofobia che possono dare, oltre all’impossibilità di eseguire una vasta gamma di operazioni nel caso fosse necessario soggiornarvi all’interno per lunghi periodi di tempo e nella difficoltà di proteggere il proprio equipaggiamento all’interno. Nonostante l’utilizzo di tessuti traspiranti in molti modelli, il problema della formazione di condensa è concreto e, sul lungo periodo, può comportare difficoltà sempre maggiori all’escursionista (ad esempio la perdita di isolamento termico da parte del sacco a pelo).
Bivy-tent
Le tende da bivacco sono spesso indicate come una tipologia di tenda, ma fondamentalmente si tratta di sacchi da bivacco con una paleria dedicata. Mantengono infatti la struttura a sarcofago dei sacchi da bivacco alpinistici, aggiungendo però uno o più elementi di paleria al fine di migliorare il confort e di ridurre il senso di claustrofobia. Alcuni modelli possiedono una sorta di vestibolo in cui poter riporre il proprio equipaggiamento.
Tutte queste migliorie si traducono in un aumento del peso, con molti modelli che superano il chilogrammo e mezzo.
Si tratta di una soluzione ibrida in grado di attirare spesso il neofita per via del peso limitato, ma che in sostanza non è né carne né pesce, ovvero non offre i principali vantaggi della tenda (abitabilità) né quelli del sacco da bivacco (leggerezza, immediatezza di setup).
Tarp bivy
I sacchi da bivacco da usare con un tarp sono una tipologia di recente concezione.
Si tratta di sacchi dalle elevate caratteristiche di traspirabilità e con ampie porzioni di zanzariera al posto del tessuto impermeabile, che viene solitamente relegato alle sole parti a contatto con il terreno. Possiedono sia loop per essere picchettati al suolo, sia punti di ancoraggio al tarp (cordini da connettere al tarp o alla struttura portante per sollevare l’area della testa e la foot-box).
Fondamentalmente possone essere considerati come una versione minimalistica o ultraleggera della camera interna di una tenda.
Questi sacchi da bivacco non offrono infatti una protezione adeguata se non in congiunzione con un tarp, andando a formare così un riparo che, a tutti gli effetti, potrebbe essere considerato una tenda.
Il tarp bivy sono spesso leggerissimi, pochissimo voluminosi, traspiranti e in grado di proteggere il sacco a pelo dall’umidità e dallo sporco. Allo stesso tempo non risultano confortevoli come una vera camera interna di una tenda e, come abbiamo detto poc’anzi, devono essere accoppiati ad un tarp per schermare l’utilizzatore dalle intemperie.
Delle diverse tipologie di sacco da bivacco è sicuramente quella più utilizzata dai thru-hiker, sebbene rappresenti una percentuale limitata dei ripari più utilizzati in questa disciplina.
Thermal bivy
Ci siamo permessi di creare un’ulteriore categoria al fine di includere tutti quei sacchi da bivacco la cui principale funzione è quella di aumentare la temperatura di confort del sacco a pelo dell’utilizzatore. Questo viene ottenuto mediante un vapor barrier (ovvero uno strato impermeabile che impedisce il passaggio al vapore) che impedisce la dissipazione di calore data dalla traspirazione e/o grazie all’applicazione di materiali in grado di riflettere i raggi infrarossi e quindi di limitare la dispersione del calore.
Nel primo caso avremo la formazione di condensa, potenzialmente molto dannosa durante lunghi trekking se penetra nel sacco a pelo, mentre nel secondo è possibile evitarla accoppiando questi materiali a tessuti traspiranti.
I sacchi termici non traspiranti sono leggerissimi e vengono spesso usati come sacchi d’emergenza. Quelli traspiranti hanno invece una funzione simile a quella dei tarp bivy: proteggere il sacco a pelo e al contempo migliorare il confort dell’utilizzatore. Se i tarp bivy migliorano il confort proteggendo l’escursionista dagli insetti e aumentando lo spazio attorno ai piedi e alla testa, i thermal bivy schermano efficientemente il vento e permettono di guadagnare alcuni gradi di temperatura di confort. Anche se non del tutto impermeabili, i sacchi traspiranti sono solitamente in grado di proteggere il sacco a pelo dalla condensa che si forma sulla tenda o da una pioggia leggera.
Sebbene non abbiano ancora conquistato la maggior parte dei thru-hiker, i thermal bivy costituiscono una parte fondamentale del “sistema modulare dei sacchi letto” [rif. a specifico paragrafo] e dovrebbero essere utilizzati specialmente da chi si aspetta di trovare condizioni molto diverse lungo il percorso o elevata umidità.
Possono inoltre essere adoperati efficientemente, con particolari accorgimenti, per asciugare il proprio vestiario [rif. a specifico paragrafo].
Perché scegliere un sacco da bivacco?
Un sacco da bivacco è solitamente leggero, occupa poco spazio sia nello zaino che sul terreno, possiede un setup facile e intuitivo se non immediato e solitamente ha un prezzo non proibitivo.
D’altro canto i sacchi da bivacco non fanno rima con comodità: limitano notevolmente le normali operazioni che si possono condurre all’interno di una tenda o sotto un tarp.
I principali utilizzatori dei sacchi da bivacco sono i cultori del cosiddetto “cowboy camping”.
Il cowboy camping prevede il dormire “alla luce delle stelle”: un telo impermeabile per isolarsi dal terreno ma nessuna forma di “tettoia” a separare l’escursionista dalla vista del cielo. È chiaramente una strategia minimalista adatta al secco clima degli Stati Uniti centro-meridionali ma che può essere adottato anche in altri ambienti semplicemente usando un adeguato sacco da bivacco attorno al proprio sacco a pelo. Il sacco da bivacco non solo impedirà alla pioggia di bagnare l’utilizzatore e il suo sacco a pelo, ma schermerà efficientemente il vento, anche in condizioni che potrebbero risultare critiche per la stabilità di una tenda.
Il cowboy camping consente un contatto con la natura irraggiungibile con altre strategie, per cui sta guadagnando consensi negli ultimi anni.
Sebbene si tratti di un’esperienza che consigliamo a tutti di provare, non la riteniamo la più sicura per un lungo thru-hike, specie in zone caratterizzate da un clima imprevedibile.
12 risposte
Ciao, ho appena comprato su amazon un riparo d’emergenza a 20 euro e vorrei provarlo vicino casa per un paio di notti col sacco a pelo e lo zaino. Spero non si formi troppa condensa…
Ho letto sopra che tu lo utilizzeresti con un tarp piccolo, ma in che modo?
Ciao Massimo, se con riparo d’emergenza intendi un sacco da bivacco (sicuramente sperimenterai condensa se hai speso solo 20 euro, ma d’estate raramente la condensa è tale da essere un problema) allora consiglio di usarlo assieme a un tarp picchettato come A-frame o comunque che protegga la zona della testa dalla pioggia e che crei una zona in cui poter cucinare.
Ciao Robin, intendevo un bothy bag. Mi è arrivato e mi sembra ben fatto. Ci hai mai dormito dentro col sacco a pelo, magari tenendolo sollevato con i bastoncini da trekking?
Massimo, il bothy bag va bene in caso d’emergenza. Un bothy bag da 2-3 persone può essere usato come shelter con bastoncini e tiranti, ma risulta corto e sicuramente poco confortevole! Diciamo che non penserei mai di farci un trekking da più giorni!
Per una eventuale amaca estiva, cosa puoi consigliare ?
Grazie come sempre.
Ciao Mirko. Non sono un esperto di amache e per risponderti dovrei avere un po’ di informazioni. Ti lascio il link di un’amaca con setup completo (provvista di zanzariera e tarp). Mi pare economica ma onesta qualitativamente parlando (ma non ne ho esperienza diretta).
https://it.aliexpress.com/item/4000069699891.html?spm=a2g0o.productlist.0.0.4e7922b9NSkrLx&algo_pvid=af6e4a53-54d7-48cb-bca6-fed670009f7e&algo_expid=af6e4a53-54d7-48cb-bca6-fed670009f7e-20&btsid=0ab6fb8315879721187346059e32d6&ws_ab_test=searchweb0_0,searchweb201602_,searchweb201603_
Ciao. Nei miei trekking mi muovo da struttura a struttura (quindi non ho tende/sacco/materassino), in zone italiane sotto i 2000 mt (quindi nulla di meterologicamente sfudante). Quindi sto cercando la soluzione per un riparo di emergenza (back up), qualora non riuscissi ad arrivare alla meta per qualisasi problema, e che eventualmente potrei usare per “lasciar passare” fasi di vento/pioggia acute. Si tratta di qualcosa che probabilmente (sperabilmente) non userò mai, ma che devo acquistare e devo imparare ad usare nel caso serva: quindi pesi e costi limitati sarebbero il desiderio.
Da quanto visto in rete ed anche dal tuo sito vedo diverse alterative, tra cui non so risolvermi,
– coperta di emergenza: comunque
– tarp? Bene per tutti gli usi, ma pesantino (tra telco corde e picchetti mi sembra si vada sul kilo), richiede molta pratica (e va beh, si impara) e da garanzie limitate
– bothy bag? Semplice da usare, leggero ed economico, bene per emergenze dirunie, forse poco per dornire fuori in emergenza.
– bivy tent? Semplcie, leggero ed economico, bene per la notte ma meno per le emergenze diurne,
Immagino dovrò sperimetare, ma sto cercando un ragionevole ounto di partenza, per non buttare soldi e voglia.
Grazie per qualsiasi consiglio vorrai darmi
Ciao, intanto ti faccio i complimenti perché hai le idee chiare: un ottimo punto di partenza.
Allora, io prima di tutto sostituirei la coperta di emergenza con un sacco da bivacco di emergenza tipo questo: https://amzn.to/3gzSeKa, molto più utile in caso di bivacco forzato.
Il bothy bag è la scelta migliore come riparo diurno ma, viste le tue esigenze, nel caso tu usassi i bastoncini da trekking, punterei sicuramente su di un tarp ultraleggero tipo questo: https://amzn.to/3nahiKc. Il costo è altino ma il rapporto qualità/prezzo è imbattibile. Ho testato molti tarp ultraleggeri e quasi tutti si sono forati o tagliati al minimo attrito, il DD Superlight no. Con un peso di circa 500 grammi avresti un riparo multivalente e per (quasi) ogni condizione meteo. Se fai un po’ di pratica alcuni setup piramidali (tipo questo: https://demo2.infovi.digital/twr/tarp-tutorial-la-piramide-a-base-triangolare/) richiedono non più di 2 minuti per essere montati. Buone avventure!
Grazie mille. In effetti il DD è quello su cui mi ero orientato. Costosetto e in assoluto pesantino, contando di non doverlo usare mai se tutto ok…ma garantisce che il back up, se serve, c’è davvero! Vorrà dire che, oltre a testarlo un pò di volte per fare pratica (inutile averlo se non sai usarlo) cercherò di usarlo anche in altre condizioni ordinarie e aprire una porta inattesa al nuovo. E ci gioco agli indiani coi miei figli! Grazie ancora e buon cammino.
Caro Robin, un anno dopo ti riscrivo per altri suggerimenti.
Ho comprato e usato con soddisfazione il DD tarp 3×3 ultralight. Ora però, alla ricerca di maggior leggerezza e compattezza, sto valutando se sostituirlo con uno più piccolo (o simili), per esempio il geertop che indicavi come alternativa.
Ho tre domande:
1) meglio comunque una forma quasi quadrata (tipi 210×180) o uno rettangolare (210x140h)? Mi sembra di capire che il quadrato sia più versatile ma diversi set up vengono comunque bene (tipo tarp tent o alcune piramidi).
2) hai suggerimenti di modelli migliori a distanza di tempo?
3) non ho trovato il tutorial che citavi nel testo, per arricchire il tarp di occhielli/fettucce mancanti
Grazie
Ciao! Allora, rileggendo questo mio vecchio articolo non suggerirei più di usare il GeerTop come alternativa al tarp 3×3: la lunghezza è troppo scarsa per avere una protezione efficace in presenza di pioggia e, l’unico utilizzo reale che mi sento di consigliare, è associandolo ad un bivy-bag impermeabile.
Se il tuo obbiettivo è di alleggerire il tuo sistema riparo ti suggerirei di prendere in considerazione tarp preformati (ad es. quelli piramidali): risparmi 1-2 etti, ottieni un’ottima abitabilità e resistenza al vento, con il compromesso di una ridotta versatilità di utilizzo (il setup è uno solo). Puoi ad esempio provare il sovratelo di una Lanshan 1 o di questa tenda GeerTop https://demo2.infovi.digital/twr/tenda-geertop-backpacking-1-person-3-season-20d/, o un tarp dedicato come questo https://demo2.infovi.digital/twr/tarp-aricxi/.
L’articolo tutorial che avevo citato nel testo mi sa che non l’ho mai completato e quindi pubblicato! Shame on me!
Grazie Robin. In effetti il mio dubbio era esattamente quello: la lunghezza ridotta ti lascia troppo vicino all’apertura in unatarp tent e rende poco abitabile un eventuale set up completamente chiuso.
Ho visto anche il tarp preformato della aricki, ma non mi piace il fatto di non poterlo usare nè per set up chiusi nè per usi “al volo” in caso di improvviso acquazzone. Cercherò ancora, ma credo che per ora insisterò col mio DD superlight 3×3.
grazie mille